IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sul ricorso n. 52/04 R.G.;
ricorrente:  D'Urso Deodato Matilde, rappresentata e difesa dall'avv.
Antonino   Mirone,  dall'avv.  Lucia  Marino  e  dall'avv.  Francesco
Fichera, domiciliatario il primo di essi, nonche' sui motivi aggiunti
al  predetto ricorso depositati il 6 maggio 2005, sui motivi aggiunti
depositati  il  23 maggio 2005 e sui motivi aggiunti depositati il 28
maggio  2005;  resistenti:  Comune  di Tremestieri Etneo (Catania) in
persona  del  rappresentante legale in carica, rappresentato e difeso
dall'avv.  Patrizia  Romano, domiciliatario l'avv. Alberto Spitaleri;
Presidente   della   Regione   Siciliana,   rappresentato   e  difeso
dall'Avvocatura  dello  Stato,  domiciliataria; Assessorato regionale
territorio   ed   ambiente   in  persona  dell'assessore  in  carica,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria;
societa' d'ambito Simeto Ambiente S.p.a. ATO 3 di Catania, in persona
del rappresentante legale in carica, rappresentata e difesa dall'avv.
Salvo Zappala', domiciliatario; oggetto:
                            Annullamento
    (Con  il  ricorso  principale):  di  tutti  gli  atti  anche  non
conosciuti, ovunque contenuti e da qualsiasi autorita' emanati, volti
alla localizzazione del sito per la realizzazione del centro comunale
di raccolta rifiuti del comune di Tremestieri ed in particolare della
deliberazione  del  Consiglio  comunale  n. 85  del  21 ottobre 2003,
avente  ad  oggetto  «Localizzazione  del Centro Comunale di Raccolta
art. 5,  3  e  2  del  decreto  commissariale  del  25  luglio 2000»,
dell'eventuale   variante  urbanistica,  ove  esistente,  degli  atti
espropriativi,  ove  esistenti, degli atti non conosciuti che hanno a
presupposto la deliberazione del Consiglio comunale n. 85/2003 citata
tendenti  comunque  alla realizzazione dell'opera, nonche' degli atti
antecedenti,  conseguenti  e/o  comunque  collegati  agli  atti sopra
indicati;
    (Con il ricorso per motivi aggiunti depositato il 6 maggio 2005):
dei   provvedimenti,  ovunque  contenuti  e  da  qualsiasi  autorita'
emanati,  relativi  alla  localizzazione, all'imposizione del vincolo
preordinato all'esproprio, alla dichiarazione di pubblica utilita' ed
al  finanziamento  del CCR in questione e comunque dell'ordinanza del
Vicecommissario  delegato  per  l'emergenza  rifiuti  del 31 dicembre
2004,  n. 1753,  di  approvazione del progetto esecutivo, degli atti,
anche   non   conosciuti  della  societa'  «Simeto  Ambiente»  e  dei
corrispondenti  provvedimenti  appropriativi  comunali,  regionali  e
commissariali,  dei pareri favorevoli resi dalla Soprintendenza per i
beni  culturali  ed  ambientali  di  Catania  il  6  dicembre  2004 e
dall'Azienda  USL n. 3 del 7 dicembre 2004 nonche' di ogni altro atto
antecedente,  successivo  e  collegato  e  comunque di tutti gli atti
lesivi infra menzionati;
    (Con  il  ricorso  per  motivi  aggiunti  notificato il 23 maggio
2005):   del  decreto  di  occupazione  di  urgenza  con  contestuale
determinazione   provvisoria   dell'indennita'  di  espropriazione  e
dell'avviso  di  immissione  in  possesso  del  15 aprile 2005, prot.
1443/VI,  a  firma  del  dirigente  del Settore VI, Lavori pubblici e
manutenzione del comune di Tremestieri Etneo;
    (Con  il  ricorso  per motivi aggiunti notificato il 16-17 giugno
2005):  del  telegramma del comune di Tremestieri del 12 maggio 2005,
dalla  «relazione  di  coerenza»  della  struttura  del Commissariato
dell'emergenza  rifiuti  del 18 dicembre 2004, depositata in giudizio
dall'Avvocatura  di  Stato, degli atti di immissione in possesso e di
consistenza  e,  ove  necessario,  del  piano  d'ambito  della Simeto
Ambiente,  di  tutti  gli  atti  antecedenti,  successivi, connessi e
comunque collegati.
    Visto  il  ricorso  con  i  relativi allegati, e visti altresi' i
successivi atti di motivi aggiunti;
    Viste le costituzioni e le memorie delle parti resistenti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore la dott.ssa Rosalia Messina;
    Uditi, alla udienza pubblica del 6 aprile 2006, i difensori delle
parti, come da verbale;
    Ritenuto e considerato, in fatto ed in diritto, quanto segue

                              F a t t o

 e   d i r i t t o      Con il ricorso in epigrafe e con i successivi
atti   di  motivi  aggiunti  sono  stati  impugnati  i  provvedimenti
concernenti  la  localizzazione  del  sito  per  la realizzazione del
centro  comunale di raccolta rifiuti del comune di Tremestieri Etneo,
inclusi   gli  atti  ablatori  aventi  ad  oggetto  l'immobile  della
ricorrente.
    Il  comune  resistente  ha  depositato,  il  24  marzo  2006, una
istanza,  sottoscritta  anche  dai difensori della ricorrente, con la
quale ha chiesto che fosse dichiarata la cessazione della materia del
contendere.
    Allegava  alla  predetta  istanza  la  documentazione ivi citata,
dalla  quale  emerge la soddisfazione dell'interesse tutelato in capo
alla  ricorrente,  alla quale e' stato restituito l'immobile, come da
verbale.
    Il  collegio  ritiene  tuttavia  di  non poter sic et simpliciter
dichiarare  cessata  la materia del contendere, atteso che nelle more
del  giudizio  e'  sopravvenuta la legge n. 21/2006, che, all'art. 3,
per quel che qui rileva dispone:
    ... omissis ...
    «2-bis.  In  tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi
dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari,
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
    2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma  2-bis,  sono  rilevate
d'ufficio.  Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito
con  sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26, della
legge  6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando
applicazione  i  commi  2  e  seguenti  dell'art. 23-bis della stessa
legge.
    2-quater.  Le  norme  di  cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
Tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    Nella  concreta  fattispecie  la richiamata normativa deve essere
applicata,  ricorrendone  i  presupposti.  Non  vi  e'  dubbio che il
giudizio  instaurato con il ricorso in epigrafe sia «in corso», e che
siano   stati   impugnati  atti  emanati  dal  Commissario  delegato,
segnatamente:  il  decreto  commissariale  25 luglio 2000, pubblicato
nella  GURS  n. 36 del 4 agosto 2000, l'ordinanza del Vicecommissario
delegato  per  l'emergenza  rifiuti del 31 dicembre 2004, n. 1753, la
«relazione   di   coerenza»   della   struttura   del   Commissariato
dell'emergenza rifiuti del 18 dicembre 2004.
    Attesa  la formulazione della norma che attribuisce la competenza
in  subiecta materia al Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
che  non  prevede  eccezioni  ne' giustifica distinzioni (ad esempio,
quella  tra pronunce in rito e pronunce in merito che siano richieste
al  giudice  funzionalmente  incompetente adito), al collegio risulta
impedita  l'adozione  di  qualunque atto processuale che non consista
nella   trasmissione   del   fascicolo  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio. A nulla rileva che si tratti, nella specie, di
dare  atto  della  cessazione  della  materia del contendere. Ritiene
pertanto  il  collegio  di dover sollevare - ritenendola rilevante ai
fini   della   obbligata   trasmissione   degli   atti  al  Tribunale
amministrativo regionale Lazio secondo una normativa che ad avviso di
questo  giudicante non e' conforme ai parametri costituzionali, e non
manifestamente    infondata    -   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  del  predetto art. 3, comma 2, nelle sottonumerazioni
bis, ter, quater, come sara' esposto di seguito.
    La  questione  predetta  e'  stata  invero  gia'  sollevata. L'ha
innanzitutto  sollevata  questa  sezione,  con  ordinanza n. 90 del 7
marzo 2006, con la quale, in sede di regolamento di competenza, si e'
ritenuto:
        a)  che  la questione fosse rilevante, in quanto la normativa
sopravvenuta,   della   cui  costituzionalita'  si  sospettava  e  si
sospetta,   impedisce  al  giudice  adito  di  emettere  qualsivoglia
decisione  (in  quella  sede, statuire sul regolamento di competenza,
non potendosene delibare - per decidere positivamente o negativamente
-   la   manifesta   infondatezza,   e  neppure  potendosi  esaminare
l'eccezione   di  irricevibilita'  del  ricorso  per  regolamento  di
competenza  per  tardivita',  sollevata  dalla parte in quel giudizio
ricorrente);
        b)   che  la  questione  fosse  altresi'  non  manifestamente
infondata;
        c)  che,  in particolare, l'art. 3, comma 2, da bis a quater,
della  legge  n. 21/2006,  contrastasse  innanzitutto  con l'art. 125
della   Costituzione,   e   segnatamente   con   il  principio  della
articolazione  su  base  regionale  degli organi statali di giustizia
amministrativa  di  primo  grado  ivi  espressa  («Nella Regione sono
istituiti  organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo
l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica»);
        d)  che,  in secondo luogo, detta disciplina contrastasse con
l'art. 24  della  Costituzione,  segnatamente con la garantita tutela
dei  diritti  ed  interessi enunciata al primo comma; detta tutela ne
risulta  minorata, per la evidente maggiore difficolta' di esercitare
le  relative  azioni presso il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio  piuttosto  che  presso  gli  organi giurisdizionali localmente
istituiti.  Cio'  vale  sia  per la fase transitoria in cui i giudizi
pendenti trasmigrano al Tribunale amministrativo regionale del Lazio,
sia  per  le future nuove controversie che secondo la nuova normativa
dovrebbero   essere  ab  initio  instaurate  presso  detto  Tribunale
amministrativo regionale;
        e)  che,  inoltre, lo spostamento della competenza in materia
di  emergenze  al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, per i
processi  in  corso, comportasse violazione del principio del giudice
naturale   precostituito   per   legge,   di  cui  all'art. 25  della
Costituzione,  che  esclude,  come  la  stessa  Corte  costituzionale
afferma  (sent.  n. 393/2002),  «che vi possa essere una designazione
tanto  da  parte del legislatore con norme singolari, che deroghino a
regole  generali,  quanto da altri soggetti, dopo che la controversia
sia  insorta  (sentenze  n. 419 del 1998; n. 460 del 1994 e n. 56 del
1967»;
        f)  che  un'ulteriore  violazione dell'art. 125 Cost. dovesse
ravvisarsi sotto il profilo della violazione del principio del doppio
grado  di giurisdizione in esso consacrato, essendo stato introdotto,
per  le  controversie  pendenti,  un  anomalo  percorso che stravolge
l'ordinario  iter giudiziario in cui ad una pronuncia di primo grado,
cautelare  o  di merito, consegue, se la parte soccombente ritiene di
impugnarla,  una  pronuncia  di secondo grado, e non certo una doppia
pronuncia  sulla  stessa  materia  da parte di due diversi giudici di
primo  grado,  uno  dei  quali abilitato a riformare la decisione del
primo  giudice (con violazione, altresi', del principio del ne bis in
idem).
    Analogamente   si  e'  determinato  il  Tribunale  amministrativo
regionale  Palermo,  I  sezione,  con  ordinanza  n. 67/2006,  che ha
ritenuto  di  dover investire la Corte costituzionale della questione
di   costituzionalita'  della  ripetuta  normativa  denunciandone  il
sospetto contrasto con diverse norme della Carta.
    In   particolare,   con   la  predetta  ordinanza,  il  Tribunale
amministrativo regionale del capoluogo ha rilevato:
        a)  il  contrasto  della  normativa in questione con l'art. 3
della  Costituzione,  per  la disparita' di trattamento che la deroga
alle  ordinarie  regole di riparto delle competenze comporta, ai fini
della  tutela  giurisdizionale delle rispettive posizioni giuridiche,
tra  soggetti  in  situazioni  eguali  (destinatari  delle  ordinanze
adottate  dagli  organi  governativi o dai Commissari delegati, nelle
situazioni  di  dichiarata  emergenza,  aventi  efficacia limitata al
territorio di una regione, rispetto ai destinatari dei provvedimenti,
aventi  lo stesso ambito di efficacia, adottati, in via ordinaria, in
genere  dagli  organi  esponenziali di: enti territoriali regionali o
sub regionali); e cio' senza che possa invocarsi a giustificazione la
eventuale  maggiore rilevanza dell'interesse sotteso ai provvedimenti
adottati  dal Governo o dai Commissari nominati ai sensi dell'art. 5,
comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, in quanto la rilevanza
degli   interessi   non   costituisce   criterio  distributivo  della
competenza  territoriale  dei Tribunale amministrativo regionale, ne'
si   rinvengono   altre  giustificazioni  plausibili  di  una  simile
disparita';
        b)  il contrasto con l'art. 24 della Costituzione, in termini
di  ingiustificato  aggravio  organizzativo  e  di costi a cui devono
andare  incontro  i  soggetti incisi dai provvedimenti adottati nella
materia  di  cui  trattasi dagli organi governativi e dai Commissari,
tenuto   anche   conto  della  molteplicita'  e  della  varieta'  dei
provvedimenti  che rientrano nella previsione di legge, tali pertanto
da toccare interessi idonei a frazionarsi in molteplici ed eterogenee
posizioni soggettive;
        c)  il  contrasto  con  la  previsione di organi di giustizia
amministrativa  di  primo grado in ambito regionale, rilevandosi come
con   l'art. 125   il   Costituente   abbia   inteso   garantire  una
distribuzione  territoriale  dei  Tribunali  amministrativi regionali
tale  da  agevolare  il  ricorso  alla  giustizia  amministrativa, in
sostanziale  coerenza  e continuita' logica con i principi desumibili
dall'art. 24 della Costituzione;
        d)  il  contrasto con il principio del giusto processo di cui
all'art. 111  della  Costituzione,  poiche'  attribuire  al Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio   la  competenza  a  conoscere  di
controversie   che   non   rispondono  ai  criteri  di  distribuzione
territoriale,   oltre   che   svuotare  di  contenuto  la  previsione
dell'art. 125  della Costituzione, violando il senso del principio in
esso  espresso,  crea altresi' una sorta di gerarchia tra i Tribunale
amministrativo regionale territoriali, incompatibile con il dettato e
lo spirito della Costituzione;
        e)  il  contrasto  con l'art. 23 dello Statuto speciale della
Regione Siciliana - regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455,
convertito  in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 e s.m.i. -
che  prevede  che  «Gli  organi  giurisdizionali  centrali avranno in
Sicilia le rispettive sezioni per gli affari concernenti la Regione»;
trattasi di norma di rango costituzionale, in attuazione della quale,
con  il decreto legislativo 6 maggio 1948, n. 654, e s.m.i., e' stato
istituito  il  Consiglio  di  giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana,  che  svolge  funzioni  di  giudice d'appello per tutte le
impugnazioni   proposte   avverso   i  provvedimenti  giurisdizionali
adottati dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia;
        f) il  contrasto  del  regime transitorio con l'art. 25 della
Carta  e  con  il  principio  ivi  consacrato  del  giudice  naturale
precostituito  per  legge, al quale giudice, con spostamento in corso
di giudizio, viene sottratta la controversia.
    Con   ordinanza   n. 162/2006  la  terza  sezione  del  Tribunale
amministrativo  regionale  Catania ha sollevato analoga questione, in
particolare  dubitando  del  contrasto  della  normativa in questione
innanzitutto  con  l'art. 3  della Costituzione, per la disparita' di
trattamento  -  rispetto  alle  ordinarie  regole  di  riparto  delle
competenze  -  fra  soggetti  che  si  trovano  in  situazioni eguali
(destinatari  delle ordinanze adottate dagli organi governativi o dai
Commissari delegati, nelle situazioni di dichiarata emergenza, aventi
efficacia   limitata  aI  territorio  di  una  regione,  rispetto  ai
destinatari  dei provvedimenti, aventi lo stesso ambito di efficacia,
adottati,  in situazioni ordinarie, dagli organi esponenziali di enti
territoriali regionali o sub-regionali).
    La   citata   ordinanza   sottolinea,  ritenendola  decisiva,  la
irrilevanza  della  diversita' di strumenti attraverso i quali riceve
cura  l'interesse  preso  in  considerazione;  in  altri  termini, il
rilievo  di  tale  interesse non muta a secondo che esso venga curato
attraverso  i  normali  strumenti  ordinamentali,  ovvero  attraverso
strumenti  ed  organi extra ordinem, che si vengono a sovrappone alle
ordinarie  competenze  procedure, per ragioni di particolare urgenza.
Del  tutto condivisibilmente la decisione di cui trattasi afferma che
«le  situazioni  che  giustificano  lo  stato  di emergenza, ai sensi
dell'art. 5,  comma  1,  della  legge 24 febbraio 1992 n. 225, non si
caratterizzano per il particolare rilievo dell'interesse considerato,
ma  per  l'urgenza  li  provvedere  nei  casi "di calamita' naturali,
catastrofi  o  altri eventi che, per intensita' ed estensione, devono
essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri  straordinari",  e  che
difficilmente  potrebbero  essere adeguatamente affrontati in assenza
di  agili  rimedi,  immediatamente  efficaci». Con svolgimento che il
collegio  ritiene  meritevole  di  adesione,  i  giudici  della terza
sezione  hanno  altresi'  rilevato l'incongruenza del passaggio dalla
straordinarieta'  dei  mezzi  e  dei poteri di carattere sostanziale,
previsti  per fronteggiare eventi straordinari, alla straordinarieta'
o,  comunque,  peculiarita'  dei  mezzi  di  impugnazione  degli atti
adottati  nell'ambito di tale situazione di emergenza; cio' sempre in
spregio dell'art. 3 della Costituzione.
    Molto  interessante  e'  anche  la prospettazione di un ulteriore
profilo di irrazionalita' della disciplina considerata, derivante dal
fatto che «il regime derogatorio previsto dal comma 2-bis dell'art. 3
della  legge n. 21/2006, quale risulta chiaramente dalla formulazione
letterale della norma, riguarda le ordinanze e gli atti commissariali
adottati   nelle   situazioni   di   emergenza  dichiarate  ai  sensi
dell'art. 5,  comma 1,  della legge 24 febbraio 1992 n. 225, ma non i
provvedimenti  che tali situazioni di emergenza dichiarino e che, ove
si riferiscano a situazioni di limitata estensione territoriale, come
sovente accade, continuano a rientrare nella ordinaria competenza del
Tribunale   amministrativo   regionale   della   regione  in  cui  il
provvedimento e' destinato ad avere incidenza».
    Cio',  prosegue  la  decisione della terza sezione, comporterebbe
che  il  provvedimento  governativo  di  dichiarazione dello stato di
emergenza  nell'ambito  della Regione Sicilia, ed il conseguente atto
di  nomina  del  Commissario  delegato,  rimarrebbero suscettibili di
impugnativa  nella  ordinaria sede territoriale periferica competente
(Tribunale  amministrativo regionale Sicilia), mentre i provvedimenti
adottati dall'autorita' straordinaria da ultimo citata rientrerebbero
nell'esclusiva  cognizione del Tribunale amministrativo regionale del
Lazio,  sede di Roma. Risulta evidente l'irragionevolezza del disegno
complessivo   e   quindi  la  violazione,  come  gia'  si  e'  detto,
dell'art. 3 della Costituzione.
    Considerazioni  analoghe  a  quelle  svolte con le altre due gia'
richiamate   ordinanze   di   rimessione  provenienti  dal  Tribunale
amministrativo   regionale  della  Sicilia  (n. 67/2006  della  prima
sezione  del Tribunale amministrativo regionale Palermo, e n. 90/2006
della  prima  sezione del Tribunale amministrativo regionale Catania)
esprime  la  terza  sezione  in relazione alla sospettata lesione, da
parte  della  disciplina  in  esame, dell'art. 24 della Costituzione,
dell'art. 125  e  dell'art. 111  della  stessa,  nonche' dell'art. 23
dello  Statuto  speciale della Regione Sicilia; inoltre, in relazione
al disposto del comma 2-quater dell'art. 3 della legge n. 21/2006, si
denuncia  la violazione dell'art. 25 della Costituzione, determinando
la  sottrazione  del  giudizio al «giudice naturale precostituito per
legge».
    Il collegio nulla ritiene di dover aggiungere alle argomentazioni
su  riportare  e  gia' oggetto di tutte le sopra richiamate ordinanze
provenienti dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia.
    Pertanto,  ribadendosi  tutte  le  su  esposte considerazioni, il
collegio   solleva   la   questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 3,   comma 2-bis,   comma   2-ter,  comma  2-quater,  legge
n. 21/2006,  per  contrasto  con gli artt. 3, 24, 25, 111 e 125 della
Costituzione,  nonche'  con  l'art. 23,  primo  comma,  dello Statuto
speciale  della  Regione  Siciliana  (r.d.l.vo 15 maggio 1946 n. 455,
convertito  nella  legge  cost.  26 febbraio 1948, n. 21 e s.m.i., in
relazione anche al d.l.vo 6 maggio 1948 n. 654, e s.m.i.) nella parte
in  cui  dette  disposizioni  prevedono la competenza in primo grado,
esclusiva  ed  inderogabile,  estesa  anche  ai giudizi in corso, del
Tribunale    amministrativo   regionale   del   Lazio   sui   ricorsi
giurisdizionali  proposti  avverso  le  ordinanze  ed i provvedimenti
adottati  nell'ambito  delle  situazioni  di  emergenza dichiarate ai
sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992 n. 225.
    Deve  pertanto  essere  disposta  la trasmissione degli atti alla
Corte  costituzionale  per  la  decisione della predetta questione di
legittimita' costituzionale, sospendendosi il giudizio instaurato con
il  ricorso  in  epigrafe  fino alla restituzione degli atti da parte
della medesima Corte.